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Outlook 2026: La sostenibilità alla prova dei fatti
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Il percorso intrapreso dall'Europa con gli investimenti ESG (Environmental, Social and Governance) è stato a dir poco trasformativo. All'inizio degli anni 2020, “un'ondata green” ha travolto il continente, con investitori, istituzioni e responsabili politici che si sono schierati a favore di ambiziosi obiettivi di zero emissioni nette, fondi incentrati sul clima in forte espansione e quadri normativi come la Sfdr che hanno dettato il ritmo dei mercati globali. Ma il panorama sta cambiando. L'esuberanza iniziale sta lasciando il posto a un approccio più pragmatico. Di fronte all'intensificarsi delle pressioni, come gli shock climatici, l'integrazione delle considerazioni ESG nei processi decisionali d’investimento è però diventata ancora più urgente per gestire i rischi e mantenere la competitività e la preparazione al futuro.
La svolta pragmatica degli investimenti ESG
Dopo gli “anni d'oro” caratterizzati da una rapida adozione dei criteri ESG accompagnata da flussi di capitali, il panorama degli investimenti sostenibili in Europa sta ora vivendo un cambiamento significativo. L'esuberanza che ha caratterizzato i primi anni del 2020, quando le considerazioni ESG, in particolare le metriche relative alle emissioni di carbonio, sono diventate centrali nella costruzione dei portafogli e nell'innovazione del mercato, ha lasciato il posto a un approccio più sobrio. Anziché concentrarsi su un allineamento ESG generico, gli investitori stanno ora puntando sulla credibilità dei percorsi di transizione. L'aspettativa non si limita ad una mera dichiarazione di intenzioni, ma punta alla dimostrazione di progressi tangibili, alla creazione di solide strutture finanziarie e a fornire prove concrete dei risultati ottenuti rispetto alle promesse.
Questa svolta pragmatica è particolarmente evidente poiché gli shock esterni continuano a mettere alla prova il contesto normativo e degli investimenti. La guerra in Ucraina, ad esempio, ha modificato radicalmente i piani dell'UE in materia di sicurezza energetica, costringendo a una riallocazione dei fondi pubblici verso la reindustrializzazione e la preparazione militare. Nel frattempo, la politica industriale cinese in materia di clima, assertiva e poco trasparente, ha intensificato le preoccupazioni circa la capacità dell'Europa di mantenere la sovranità tecnologica in settori verdi critici come il solare fotovoltaico, la tecnologia delle batterie e l'idrogeno verde. Questi sviluppi sottolineano la necessità per l'Europa non solo di essere all'avanguardia nella retorica ESG, ma anche di rafforzare la propria posizione con quadri finanziari credibili, innovativi e resilienti.
Il Climate Investment Report 2024 della Banca europea per gli investimenti cristallizza questa realtà. Esso richiede l'utilizzo di modelli di finanziamento misto, che combinano capitali pubblici e privati, insieme a garanzie di prima perdita e contratti per differenza sul carbonio, al fine di ridurre il rischio e sbloccare gli investimenti privati nei settori ad alta intensità di carbonio. Questi meccanismi sono considerati essenziali per andare oltre la semplice conformità e arrivare alla trasformazione effettiva delle industrie ad alte emissioni, garantendo che il capitale sia indirizzato dove può determinare un cambiamento misurabile.
Questa ricalibrazione è evidente anche nei flussi di fondi sostenibili. Finora quest'anno, i fondi azionari sostenibili hanno registrato deflussi in Europa, Stati Uniti e nell’area Apac, in netto contrasto con il boom precedente, mentre i prodotti a reddito fisso sostenibili hanno attirato afflussi costanti in tutte le regioni.
Lo slancio iniziale si confronta con la realtà, ma non si è registrato a un allontanamento dall'ESG, piuttosto un'evoluzione verso una maggiore responsabilità, attenzione strategica e resilienza. Questo cambiamento riflette sia le pressioni esterne sia l'esigenza interna delle aziende e degli investitori di integrare la sostenibilità in modo da resistere agli shock, siano essi geopolitici, economici o ambientali, continuando al contempo a promuovere il valore e la competitività a lungo termine.
Prospettive per il 2026 - affrontare l'incertezza in un contesto di sfide immutate
Guardando al 2026, le prospettive globali per gli investimenti ESG rimangono velate da persistenti fattori geopolitici e macroeconomici. Sebbene vi sia un cauto ottimismo sul fatto che le condizioni potrebbero diventare più favorevoli, la realtà sottostante è che le sfide fondamentali che le imprese e gli investitori devono affrontare non sono cambiate; semmai, sono diventate più pronunciate. Il panorama ESG dovrebbe continuare ad evolversi, mantenendosi saldo di fronte all'incertezza e preparandosi a una futura ripresa. È comunque fondamentale riconoscere che le questioni di base rimangono urgenti, come sempre.
Tra le discussioni diffuse sui ritardi normativi e le resistenze politiche, c'è il rischio che l'ESG venga relegato in secondo piano, erroneamente percepito come una questione che può essere rimandata. Si tratta di un pericoloso malinteso. I rischi che le aziende devono affrontare, tra cui le interruzioni della catena di approvvigionamento e le aspettative sempre più rigorose degli investitori, non sono scomparsi. Anzi, queste pressioni si sono intensificate, rendendo essenziale l’integrazione della sostenibilità nelle strategie aziendali. L'ESG non è una moda passeggera, ma è fondamentale per mantenere la forza e la competitività delle organizzazioni.
Per prosperare in questo contesto, le aziende devono concentrarsi su rischi, resilienza, reputazione e rendimenti, con un imperativo aziendale come filo conduttore che li collega:
Rischi: le prove sono schiaccianti e onnipresenti, gli eventi climatici e le interruzioni operative (delle catene di approvvigionamento) non sono più minacce ipotetiche, ma realtà quotidiane. La vera domanda non è se i rischi si concretizzeranno, ma quando.
Resilienza: integrare la sostenibilità lungo l’intero modello di business crea agilità, riduce la dipendenza da risorse volatili, aumenta l'attrattiva per i migliori talenti e rafforza la preparazione agli shock imprevisti. Questa resilienza è essenziale per la sopravvivenza e il successo a lungo termine.
Ritorni: le aziende con solide credenziali ESG dimostrano costantemente una maggiore capacità di attrarre capitali e sbloccare valore duraturo. Le pratiche sostenibili non riguardano scelte etiche, ma decisioni aziendali strategiche e oculate che ben posizionano le aziende in ottica di crescita e stabilità in un mondo in rapida evoluzione.
Il dibattito sull'ESG è forse diventato più cauto, con discussioni politiche più accese e, in alcuni ambienti, la percezione che l'ESG sia un ostacolo piuttosto che uno strumento di leadership. ESG non è una parolaccia. I fondamentali rimangono invariati. La crisi climatica continua ad accelerare e le vulnerabilità della catena di approvvigionamento persistono. La richiesta di trasparenza, azioni credibili e leadership strategica in materia di sostenibilità è più che mai attuale e necessaria.
Fondamentalmente, ridurre la dipendenza dalle risorse esterne è ora considerato un'opportunità piuttosto che un vincolo. Lo sviluppo di una forte presenza locale in Europa, attraverso l'aumento della capacità produttiva, una solida attività di ricerca e sviluppo, la creazione di posti di lavoro, catene di approvvigionamento resilienti, percorsi di decarbonizzazione e innovazione nella gestione delle risorse (sia naturali che umane), sta emergendo come una priorità strategica. Questo approccio non solo migliora la sicurezza dell'approvvigionamento, ma promuove anche l'autodeterminazione e la resilienza di fronte agli shock geopolitici e climatici.
La ricerca accademica sostiene costantemente la rilevanza finanziaria dell'ESG, ma il suo valore deve essere continuamente dimostrato nell'analisi degli investimenti per garantire che rimanga un principio non negoziabile. Mentre ci avviciniamo al 2026, l'emergere di un nuovo paradigma ESG, incentrato su Energia, Sicurezza e Geostrategia, definirà la prossima fase degli investimenti sostenibili. Il percorso da seguire richiede ambizione, credibilità e innovazione, con la sostenibilità saldamente posizionata come imperativo strategico in un'era di continua incertezza.
Esaminando la “E” di ESG, la regolamentazione ha aiutato la transizione?
La “E” di ESG rimane un punto focale per gli investitori e i responsabili politici mentre il mondo cerca di abbandonare le pratiche ad alta intensità di carbonio. Sebbene l'allineamento delle emissioni di carbonio rimanga una priorità, attualmente il sentiment degli investitori si sta spostando verso strumenti più sfumati, come la valutazione della credibilità della transizione, la strategia di finanziamento e la gestione del rischio politico, piuttosto che affidarsi semplicemente alle istantanee delle emissioni.
Il comportamento degli investitori e il ruolo politico
Gli sviluppi politici, come l'elezione di Trump negli Stati Uniti, hanno influenzato l'atteggiamento degli investitori. Uno studio recente mostra che, dopo le elezioni, la quota media degli investimenti verdi è diminuita in quanto percepiti come più rischiosi e meno redditizi. Gli investitori che si sono opposti alla posizione dell'amministrazione sul clima hanno però aumentato i propri impegni verdi, sottolineando la volontà di compensare l'inerzia del governo e sostenere il bene pubblico ambientale. Questa dinamica influenza il modo in cui i rischi climatici vengono valutati e modellizzati.
In definitiva, gli incentivi governativi rimangono fondamentali. Senza politiche che internalizzino le esternalità ambientali, gli investimenti privati nel clima emergono in modo endogeno, ma la loro portata potrebbe non essere sufficiente a soddisfare le esigenze collettive. Il futuro della finanza green dipende dalla capacità delle parti interessate di combinare ambizione, credibilità e innovazione in un contesto in cui la sostenibilità è un imperativo strategico in un clima di incertezza geopolitica e climatica.
La spinta normativa e i suoi effetti collaterali
Normative quali l'Sfdr e la tassonomia dell'UE hanno cercato di accelerare la transizione energetica imponendo standard ESG più rigorosi alle istituzioni finanziarie e alle società. Un documento di lavoro della Banca centrale europea ha però rilevato che, pur riuscendo a incentivare le banche a disinvestire dalle società con profili ESG scadenti, tali normative hanno un effetto collaterale visibile, ad esempio nella riduzione delle partecipazioni in società minerarie produttrici di materie prime per batterie, comprese quelle che producono litio, cobalto, manganese e nichel. La necessità di queste materie prime nella transizione energetica è innegabile. Con il passo indietro delle banche europee, subentrano investitori extra UE con mandati ESG più deboli, determinando un “effetto di sostituzione della proprietà” che diluisce l'influenza dell'UE sul comportamento ESG delle imprese. Questo paradosso evidenzia una sfida cruciale: le normative potrebbero inavvertitamente minare la transizione limitando il flusso di capitali verso settori chiave per la decarbonizzazione.
Il panorama normativo solleva importanti interrogativi sull'efficacia della tassonomia nel sostenere la transizione. Ad esempio, ai sensi dell'Sfdr 2.0, le esclusioni per i nuovi progetti relativi ai combustibili fossili potrebbero comportare l'esclusione di interi settori, come quello petrolifero e del gas, dalle strategie di transizione, anche se questi sono senza dubbio i settori che più necessitano di cambiamenti. Ciò evidenzia la necessità di strategie di investimento di “transizione” che integrino gli approcci convenzionali di ‘impatto’ o “sostenibilità”. Le società minerarie sono fondamentali per le materie prime orientate al futuro e dovrebbero far parte dei fondi di transizione, a condizione che aderiscano alle migliori pratiche in materia di diritti umani, impatto ambientale e condotta aziendale.
Conclusione: il futuro della sostenibilità dipende dalle opportunità e dai rischi
Affinché la sostenibilità possa davvero riscuotere il favore degli investitori, deve essere presentata come una fonte di opportunità di investimento interessante. Il linguaggio della finanza, dei ritorni, della crescita e del potenziale di rialzo rimane la chiave per attirare l'attenzione e il capitale. Come si è visto nei settori della transizione energetica e dei minerali critici, allineare la sostenibilità alla resilienza, alla competitività e alla sicurezza della catena di approvvigionamento crea una narrativa potente che sostiene sia gli obiettivi ambientali che gli interessi economici.
La “S” di ESG, ovvero i fattori sociali, presenta però una sfida più complessa. A differenza dei chiari percorsi di crescita nel settore energetico e dei materiali, le riforme sociali spesso non offrono opportunità di investimento dirette e quantificabili. Ciò non significa però che debbano essere messe da parte. Misure sociali come le riforme del diritto del lavoro, le iniziative per la parità di genere e i miglioramenti nella governance aziendale sono sempre più legate alla mitigazione del rischio. Le aziende che operano in regioni con standard sociali progressisti possono essere in una posizione migliore per gestire i rischi normativi, reputazionali e operativi. In un mondo in cui gli investitori sono sempre più consapevoli della stabilità a lungo termine, i fattori sociali stanno diventando parte integrante della performance corretta per il rischio.
In definitiva, affinché la finanza sostenibile riprenda slancio, è necessario trovare un equilibrio tra le opportunità promesse e l'imperativo della gestione del rischio. La “S” potrebbe non offrire sempre gli stessi vantaggi della “E”, ma è essenziale per costruire portafogli resilienti e investimenti a prova di futuro. Mentre il panorama ESG globale continua ad evolversi, gli stakeholder devono riconoscere che il progresso sociale, proprio come l'innovazione ambientale, è una risorsa strategica. Solo integrando entrambi possiamo garantire che la sostenibilità non sia solo un imperativo morale, ma un business case che richiede attenzione e azione.
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